12 dicembre 2018

Sogno n. 341


Ero con delle persone e dovevamo scappare da terribili mostri alieni che erano enormi, voraci e simili a dei polipi con più teste dentate. 

Ci rifugiavamo in una grande stanza che quasi sicuramente era l'ufficio di mio padre. Appena i mostri sfondavano la porta d'acciaio, io mi riparavo dietro una poltrona di pelle (nella realtà è stata per molti anni nella mia cameretta, da bambino).

Interpretazione

Ecco, di nuovo e sotto altra forma, le immancabili pulsioni "cattive" che popolano la nostra psiche. Ed ecco anche la figura del padre vissuto come colui che dovrebbe proteggere da queste presenze paurose, ma non lo fa (probabilmente perché è morto quando il paziente era molto piccolo).

La porta d’acciaio che viene sfondata dai mostri ci fa capire che le difese sono insufficienti pur essendo poderose.

Il periodo della vita al quale fa riferimento il sogno è quello solito di sempre cioè l’infanzia. Durante l’analisi è bene sottolineare al paziente che queste pulsioni hanno avuto origine nel suol passato anche se le avverte ancora come un vissuto del presente. In questo modo lo si aiuta a considerarle lontane nel tempo quindi più facili da superare.

Vedere anche l'interpretazione del sogno 183.


30 ottobre 2018

Sogno n. 340


Mi trovavo davanti a un grosso cancello di ferro che chiudeva una specie di cortile ricavato nella roccia. Dentro c'erano imprigionati centinaia di bambini tenuti come ebrei in un lager. Erano sporchissimi, puzzolenti, unti, vestiti di stracci, coi capelli nerissimi.

Mi suscitavano un po' di pietà e tanto fastidio per la loro sporcizia che mi ricordava quella degli zingari (che nella realtà mi infastidiscono moltissimo). Però mi facevano anche pena, allora allungavo una mano vincendo il fastidio per la loro sporcizia. Poiché loro mi tendevano le mani, io ne stringevo una, poi mi allontanavo pensando di avere la mano sporca. 

All'improvviso vedevo sulla mia mano due pidocchi e una zecca che correvano veloci. Mi dicevo: "Hai visto? Con la loro sporcizia mi hanno attaccato qualcosa!". Cercavo di prendere i parassiti ma non ci riuscivo. Allora li facevo cadere a terra con un sasso appuntito e schiacciavo uno dei parassiti. Ne usciva un'enorme quantità di sangue umano schifoso. A giudicare dal sangue che sprizzava dal parassita avevo la sensazione di avere schiacciato uno dei bambini.

Interpretazione

Il paziente si trova nella prima fase dell'analisi, quando la distanza con le proprie parti considerate "sporche" è ancora enorme. Allora l'unico modo per farle affiorare è "proiettarle" all'esterno e sentirle come cosa diversa da sé (parassiti).

Il rifiuto di toccare direttamente quelle parti è talmente grande che il sognatore deve ricorrere a un sasso per liberarsene. E nei loro confronti ha una reazione ambivalente, da un lato gli suscitano un profondo schifo-rifiuto, dall’altro prova anche pietà. Non solo, il sogno fornisce anche una valutazione “quantitativa” delle due reazioni: la pietà è soltanto “un po’”, il fastidio invece è “tanto”.

Da notare che non è lui a prendere l'iniziativa per stabilire il contatto, sono i bambini. E quando il contatto si stabilisce è solo per poco tempo in quanto lui ritira subito la mano. Quel fugace contatto è però sufficiente per trasmettergli dei parassiti.

Il sognatore ha preso i parassiti entrando in contatto con dei bambini. Facile dedurne che si tratta di emozioni che ha provato quando era bambino (è la norma). Ha tentato di liberarsene rimuovendole nell’inconscio (roccia) e tenendole ben chiuse dietro un grosso cancello di ferro (difese) che tuttora continua a tenere chiuso.

Quando il paziente dice “allungavo la mano” per toccarli si percepisce la sua ritrosia a entrare pienamente in contatto con quelle parti, come avverrebbe se invece abbracciasse quei bambini.

A livello profondo il paziente realizza anche che quelle parti rimosse gli “succhiano” grandi quantità di energia vitale (sangue). Ecco perché le rappresenta come  pidocchi-zecche.

Se si pensa che il punto di arrivo dovrà essere l'integrazione nella coscienza di questi contenuti avvertiti come "schifosi", si può ben capire che Il cammino da percorrere sarà lungo. 



9 ottobre 2018

Sogno n. 339


Ero con una donna che sentivo essere mia madre, anche se non lo era per l'aspetto fisico. L'aiutavo a soccorrere un bambino piccolo che era in pericolo. Era suo figlio ed io sentivo che era mio fratello. Il bambino si trovava in una grotta e lei non riusciva a staccarlo dalla roccia, ma io ci riuscivo facilmente.

Era un neonato nudo e completamente congelato. Me lo stringevo al petto mentre ci allontanavamo dalla grotta. Era un cubetto di ghiaccio, tanto che, nel muovergli un braccino, emetteva il sinistro scricchiolio del ghiaccio che si rompe. Allora decidevo di non muoverlo più sapendo che ogni scricchiolio corrispondeva ad una frattura.

Sapevo che sarei riuscito a rianimarlo anche se mia madre lo dava per morto. Infatti mi fermavo al sole e il piccolino si scioglieva quasi subito e sporgeva la testa verso il sole, apriva gli occhi e sorrideva per il calore che lo stava riportando in vita. Provavo amore e gioia per il piccolino e lo stringevo a me.

Poi tutto era confuso, ma sapevo che il bimbo era nuovamente in pericolo in un posto cupo e non più caldo. Con lui c'erano 2-3 donne maldestre che lo tenevano pericolosamente vicino ad un pozzo. Temevo per lui e non facevo in tempo a riprenderlo, una di loro lo faceva cadere nel pozzo con un gesto maldestro del braccio.

Interpretazione

Il sognatore aveva avuto un'infanzia caratterizzata da un rapporto materno da lui  vissuto come molto FREDDO. Solo quando rifletteva razionalmente arrivava alla conclusione che, in fondo, sua madre aveva fatto anche dei sacrifici per crescerlo. Diceva: "Se si è sacrificata così vuol dire che mi voleva bene". Ma arrivava a questa conclusione solo per via  logica, come deduzione, non si trattava della sensazione immediata di calore prodotta dall'amore quando viene manifestato apertamente.

Era cresciuto in un ambiente di donne che, secondo lui, non si erano prese cura della sua infanzia nella maniera giusta. Dal momento che lui è ancora vivo, però, la morte che gli procurano è quella emotiva, non quella fisica.  

Poiché la caverna è un simbolo materno e anche dell'inconscio, a quel livello il sognatore sente che è riuscito a raggiungere la sua autonomia di individuo solo grazie alle proprie capacità. Senza di queste, la madre lo avrebbe ancora tenuto attaccato a sé.