16 settembre 2013

Sogno n. 287



Invito a cena tutti i miei colleghi d'ufficio. Arriviamo in un ristorante dove non ci accolgono nel migliore dei modi. Capisco di avere fatto una cattiva scelta e vedo che uno dei colleghi più aggressivi mi guarda di traverso. Sicuramente sta per attaccarmi. Allora propongo a tutti di andare in un altro ristorante dove sicuramente si mangerà bene.
D'altra parte, non è colpa mia se il primo ristorante si è rivelato una "bufala". E poi, anche se così fosse, non ho ammazzato nessuno. Pertanto, se a quel mio collega aggressivo sta bene, che venga pure, altrimenti chi se ne frega!

Interpretazione

La sognatrice era una persona morbosamente sensibile al giudizio che gli altri potevano dare su di lei. L'unico modo che aveva a disposizione per calmare la propria ansia era perciò quello di sentirsi approvata sempre e comunque. 

Adesso comincia invece a comparire l'atteggiamento opposto, quello di chi è contento se riceve l'approvazione degli altri, ma non ne fa più una questione di importanza vitale, se quell'approvazione arriva, bene, ma se non arriva chi se ne frega! Il nuovo atteggiamento scaturisce direttamente dall'avere  conquistato una maggiore autostima.


2 settembre 2013

Sogno n. 286



Vado alla mia seduta come di consueto, ma questa volta si svolge in una maniera del tutto insolita, l'analista è in pigiama (sicuramente non della migliore qualità) e mentre mi parla va addirittura sul terrazzo ed urina dentro un vaso di fiori. Io, dal canto mio, mi agito continuamente sulla poltrona come fanno i bambini quando non riescono a stare fermi.

Questa nuova forma assunta dalla mia analisi non mi soddisfa. Anche se mi rendo conto che il modo di fare dell'analista è amichevole, io lo preferisco vestito e composto.

Come se tutto questo non bastasse, nello studio entrano delle persone e lui le accoglie in mia presenza come se niente fosse.

Cambia scena.... mi ritrovo a fare analisi con un mio collega d'ufficio che è molto autoritario. Lui ha preso il posto del mio analista, ma quando la seduta finisce guardo l'orologio e mi accorgo che è durata solo mezz'ora. Lo faccio notare al mio collega dicendogli che con il mio vero analista la seduta dura 45 minuti. 

Alla fine concludo che la qualità delle sedute fatte col mio analista è migliore. Non sono soddisfatta e penso anche che ritornerò da lui.

Interpretazione

All'inizio dell'analisi, ed anche per un bel tratto di essa, il paziente ha bisogno di pensare che il suo analista sia una persona "eccezionale" sotto tutti i punti di vista perché solo così si sente rassicurato, protetto e fiducioso di essere tirato fuori dai problemi. L'espressione "essere tirato fuori" esprime bene la sua aspettativa. L'analista lo sa e sta al gioco perché si rende conto che questo fattore rappresenta un potente aiuto nell'analisi, almeno finché il paziente non comincia ad essere capace di camminare con le proprie gambe.

A proposito dell’immagine grandiosa dell’analista che il paziente si crea all’inizio posso raccontare un aneddoto personale molto significativo. Qualche anno fa, una mia paziente che si trovava all'inizio dell'analisi mi incontrò per caso al supermercato. Ebbene, nella seduta successiva mi disse: "È stato come se mi fosse crollato il mondo addosso. È stata una delusione terribile!". L'analista non era più il mago-taumaturgo, ma una banalissima persona che riempie il carrello della spesa come un uomo qualunque!

Il passaggio dalla prima alla seconda fase è graduale perciò arriva sempre un momento in cui il comportamento del paziente è un misto di "vecchio" e di "nuovo", di bisogno di protezione e di voglia di indipendenza (è una fase analoga a quella che attraversano gli adolescenti). La paziente in questione, nel momento in cui ha fatto questo sogno, stava attraversando appunto questa fase intermedia in cui c'è un andare e venire tra la figura dell'ANALISTA-PADRE-FORTE-GIGANTE-AUTORITARIO e quella dell'analista visto come persona comune.

In questa fase dell'analisi io cerco sempre di aiutare il paziente a smitizzare la mia figura di analista cominciando a mostrarmi per quello che sono, cioè senza l'aureola che lui mi ha messo in testa. E l'avevo fatto anche con lei.

Nel sogno la prima reazione della paziente a questo "nuovo" analista è quella dettata dalla vecchia personalità infantile (mi agito continuamente sulla poltrona come fanno i bambini) che ha ancora bisogno del rassicurante padre FORTE-DIRETTIVO-AUTORITARIO. Il risultato è che rimane fortemente delusa e va a cercarsi un'altra figura AUTORITARIA, quella del collega d'ufficio (che già in molte altre occasioni aveva associato al padre).

Devo ammettere che lei ha calcato un po' la mano nel descrivermi nella versione "demitizzata" (l'analista è in pigiama... sicuramente non della migliore qualità... e... addirittura... urina dentro un vaso di fiori). In questa esagerazione della paziente forse possiamo vedere la tendenza a ignorare le mezze tinte e a percepire solo gli estremi: o sul trono o nella polvere

La seconda reazione della paziente si conclude con la decisione di tornare dal suo analista, quello che lei, ad un certo punto, definisce come "vero". Anche perché l'analista-padre le dedica meno tempo dell'analista effettivo.

Per comprendere meglio questo sogno può essere utile sapere che, nella seduta che lo aveva preceduto, per una serie di circostanze fortuite lei mi aveva sentito parlare al citofono di una questione di banale e ordinaria amministrazione quindi come un qualunque uomo che deve affrontare i normali problemi della vita quotidiana. Sempre per lo stesso motivo, inoltre, ero anche stato costretto a uscire dal mio studio insieme con lei e insieme avevamo anche preso l'ascensore per SCENDERE al piano terra dall'undicesimo piano dove si svolgono le sedute. Ci voleva poco per associare tutto questo alla sensazione che un uomo che sembrava essere un dio dell'Olimpo fosse SCESO al livello dei comuni mortali. Ovvio che sto parlando delle sue convinzioni e dei suoi schemi mentali, non dei miei.  Meglio precisarlo, non si sa mai...   :-)

Ultima notazione. Nel sogno c'è anche la delusione prodotta dallo scoprire che la relazione con l'analista non è ESCLUSIVA e privilegiata: lui ha rapporti anche con altre persone e dedica loro la sua attenzione senza preoccuparsi della ferita narcisistica patita dalla paziente. È quello che prova una bambina che scopre di dover dividere l'affetto del padre con altri fratelli.