19 ottobre 2022

Sogno n. 371

Questo post rappresenta un'eccezione in quanto non è dedicato a un sogno, come faccio di solito, ma ad alcune riflessioni che mi ha indotto a fare una frase molto significativa pronunciata da un paziente durante una seduta.

Il paziente era un giovane che soffriva dei sintomi tipici delle FOBIE e degli ATTACCHI di PANICO. 

Il DSM-5 mette entrambi i disturbi nel capitolo dedicato ai disturbi d'ansia, adesso però non è di tassonomia che intendo parlare.

Mi interessa molto di più mostrare come la nostra psiche possa essere capace di comportamenti che all'apparenza vanno contro natura, come per esempio indurci a DESIDERARE la SOFFERENZA, però per motivi diversi da quelli presenti nel masochismo.

Riassumo. Grazie al lavoro basato sull'interpretazione dei sogni, molti dei sintomi provati dal paziente andarono lentamente diminuendo d'intensità fin quasi a scomparire.

Secondo voi, quale reazione ebbe il paziente di fronte a questo suo netto miglioramento? 

Preparatevi alla sorpresa perché ne ebbe due, opposte. Una fu quella che potremmo definire ovvia e scontata, disse cioè di essere contento e soddisfatto, ma poi pronunciò questa frase apparentemente sconcertante perché  pronunciata con un tono improntato al rimpianto e al dispiacere:

strano, sono contento di stare meglio eppure I SINTOMI MI MANCANO".

Era proprio questo il punto che volevo mettere in evidenza. Nelle sedute precedenti avevamo spesso parlato della possibilità che la nostra psiche utilizzi la sofferenza per alleggerire-compensare un senso di colpa che abbiamo dentro, totalmente rimosso. Senso di colpa tutto da indagare a parte, si capisce. È come se la psiche dicesse: "Hai provato emozioni molto cattive, ma adesso stai espiando la colpa con la sofferenza perciò per te la partita si chiude in pareggio".

Ecco allora che, nel momento in cui i sintomi sparivano, il senso di colpa non più compensato tornava a farsi sentire come prima. Era un po' come se fosse venuto a mancare l'effetto di un anestetico e il paziente ne sentisse la mancanza.

Ecco allora che l'ipotesi totalmente teorica che avevamo fatto in precedenza (sofferenza necessaria per lenire un senso di colpa) adesso si era trasformata in certezza grazie ad una sensazione provata da lui. Dalla teoria, cioè, alla realtà dimostrata con un fatto, con una esperienza vissuta.

PS1 - Conviene precisare per i non addetti ai lavori che la nostra psiche, per farci sentire in colpa, non ha bisogno che noi compiamo realmente un'azione proibita, basta avere provato il desiderio di compierla.

PS2 - I maliziosi potrebbero obiettare che il paziente ha pronunciato quella frase solo perché io lo avevo suggestionato con i miei precedenti discorsi sui sensi di colpa compensati dalla sofferenza prodotta dai sintomi. 

Mi dispiace per i maliziosi ma li invito a riflettere che il paziente aveva pronunciato quella frase SENZA ASSOCIARLA in nessun modo ai miei discorsi precedenti. Rimase anzi sorpreso quando lo invitai a riflettere sul possibile collegamento esistente tra la sua frase e la funzione compensatoria svolta dai sintomi.